Ci sono strofe in questa ode, che parla della difficile situazione della patria sotto il dominio dei tiranni, tuttavia sono passati meno di cinque anni da quando l’Ariosto è entrato al servizio di uno di questi tiranni: il cardinale Hippolyte d’Este, vescovo di Ferrara. Per il divertimento del mecenate scrisse commedie imitando Plauto: “Suppositi”, “Cassandra” e altre, più serie le satire latine dell’Ariosto, sotto forma di lettere indirizzate ad amici. Qui cerca di spogliarsi di un cortigiano ed è un tipo gentile e gentile, senza molta energia e senza principi rigidi.Il suo “Furious Roland” è una continuazione di “Roland in Love” di Boyardo. La poesia di Ariosto non è impostata da alcun compito allegorico, non persegue scopi morali e istruttivi.
Ariosto è un narratore straordinario che sa come mettere vita e credibilità nelle scene più bizzarre della sua instancabile narrativa. Il sottile umorismo, versato in tutta la poesia, conferisce alla storia una graziosa facilità e una dolce frivolezza. Tipico del Cinquecento è l’atteggiamento dell’Ariosto nei confronti dei soggetti classici: non rifà più gli antichi in modo cavalleresco, come fece Boyardo; gli eroi dell’antichità per lui si rivelano umanisti istruiti, ostentando le loro informazioni archeologiche. Furious Roland fu seguito da molti romanzi simili, che servirono da lettura divertente per l’alta società. Nel 1550 il conte Vincenzo Bruzantini iniziò addirittura un seguito al poema dell’Ariosto “Angelica innamorata”, e Ludovico Dolce scrisse un’introduzione a “In Love Roland” di Boyardo, dal titolo “Prime Imprese di Orlando Innamorato”.
Il romanticismo quadrato, contraffatto, in contrapposizione all’alta società, al gusto borghese, pieno di avventure divertenti, trucchi rudi, che ricordano il fablio, trovò anche la continuazione nel XVI secolo. “. Il primo è scritto in latino, il resto – in una lingua italiana stranamente spensierata, spesso non soggetta alla già riconosciuta influenza toscana; hanno molto entusiasmo e un umorismo fresco. Più interessanti sono i nuovi tentativi del poema epico italiano Gianorgio Trissino. Il suo poema epico, “La liberazione dell’Italia dai Goti”, ricorda, nel suo disegno accademico, l ‘”Africa” di Petrarca; non ebbe assolutamente successo, nemmeno tra i contemporanei Un altro poeta epico, Luigi Alamanni, volle fondere entrambi i generi narrativi: il romanzo cavalleresco e l’epica classica. Anche le sue poesie “Girone il Cortese” e “Avarchide” non possono essere definite riuscite.